#3 Cominciai a vent’anni a fare meditazione e recitare i mantra, divenni vegetariana e lessi libri di Maestri indiani che illuminarono il mio cammino. Stavo molto meglio, anzi stavo benissimo. Ero la rappresentazione del benessere! Durante un seminario di cultura vedica sentii una voce in meditazione che mi diceva che ero pronta per l’India e poco dopo partii. Torino-Putthaparti, scalo a Bombay e Bangalore. Non dormivo da due giorni per l’emozione. Durante il viaggio lessi “Autobiografia di uno yogi” e quando l’aereo atterrò io scoppiai a piangere pensando “sono tornata a casa!!”. Mi scoppiava il petto, uscendo dal velivolo odorai l’aria e la riconobbi. Sentivo che tutto era al posto giusto. Trascorsi un mese e mezzo quasi senza parlare, offrendo il mio Servizio nell’ashram e facendo tutto esattamente come facevano gli indiani. Camminando nelle campagne un giorno conobbi una ragazza, aveva una bimba in braccio e mi chiedeva del latte. Io glielo comprai. Mi invitò a casa sua e casa sua era un telo tirato da un ramo all’altro sulla riva del fiume. Lei e la sua famiglia non avevano nulla. Mi invitarono a restare, a bere un chai con loro e si offrirono di donarmi una cena. Loro, che non avevano da mangiare neanche per se stessi. Mi accarezzavano le mani, mi guardavano come se fossi qualcosa di speciale ed io sentivo che loro erano felici per via della mia presenza. Non capivo perchè. La mattina ci si svegliava prima dell’alba per andare nel mandir a fare meditazione comune e per incontrare Sai Baba, colui che dicevano essere un avatar. Lo feci tante volte ma una fu diversa dalle altre. Quella mattina lui mi guardò, dritta negli occhi, mi entrò dentro per meglio dire, ed accadde una cosa. Io ero nello spazio, era tutto espanso, tutto così vivo, io ero quello spazio ed era tutto infinito! Piansi. Ero stranita, confusa ma certa, presente ma assente, ero io ma non ero io… non capivo ma era bellissimo. Da quel momento ci vollero giorni per ritrovarmi e comunque non fu mai più come prima. Ricordo solo che avevo bisogno di stare in silenzio. Parecchi giorni dopo ero sotto un albero, un pò in disparte sulla collina, e stavo meditando. Si avvicinò un uomo reverente e mi disse che sua figlia stava male, mi chiedeva di rassicurarlo. Io non capivo perchè lo chiedesse a me ma sentivo che fosse giusto farlo. Lo tenni per mano e proferii parole che lo calmarono. Sentivo che era come se l’avesse fatto qualcuno tramite me. Io mi sentivo bene, come se avessi trovato me stessa, la mia dimensione. E poi venne il giorno di tornare a casa. Mi preparai, salutai l’ashram, Sai Baba e “la mia gente” e partii. Tornai in Italia ma non uscii per tre mesi, non riuscivo. Stavo bene ma non riuscivo a sentirmi di nuovo parte di quel mondo. Ci volle tempo per ritrovare i ritmi occidentali e parlavo spesso della mia esperienza, senza raccontare i dettagli più intimi. Per tutti ero una felice fricchettona 🙂